Avevo capito che rinunciare a se stessi, non amarsi è come sbagliare a chiudere il primo bottone della camicia. Tutti gli altri poi sono sbagliati di conseguenza. Amarsi è l'unica certezza per riuscire ad amare davvero gli altri.
Fabio Volo dal libro "È una vita che ti aspetto"




martedì 12 luglio 2011

I figli...

Ad una donna venne detto: "Ignora i problemi di tuo figlio." Ed ella rispose: "Ma come faccio? Mi sembra di abbandonarlo." Le fu ancora risposto: "Crea nella tua mente e ferma un'immagine mentale di miglioramento della vita di tuo figlio e, senza renderti conto, lo aiuterai a muoversi in tal senso. Il tuo dolore o la tua preoccupazione non sono provocati dal comportamento di tuo figlio, bensì dai tuoi pensieri." 


["La legge di attrazione" Esther e Jerry Hicks]



SUI FIGLI da : il Profeta di K. Gibran


28FEB
E una donna che reggeva un bimbo al seno disse, Parlaci dei Figli.
E lui disse:
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di se stessa.
Essi vengono attraverso voi ma non da voi,
e sebbene siano con voi non vi appartengono.
Potete donare loro il vostro amore ma non i vostri pensieri.
Poiché hanno pensieri loro propri.
Potete dare rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime,
giacchè le loro anime albergano nella casa di domani,
che voi non potete visitare neppure in sogno.
Potete tentare d’esser come loro, ma non di renderli
come voi siete.
Giacchè la vita non indietreggia nè s’attarda sul passato.
VOI SIETE GLI ARCHI DAI QUALI I VOSTRI FIGLI ,
VIVENTI FRECCE,
SONO SCOCCATI INNANZI.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito,
e vi tende con la sua potenza affinchè le sue frecce possano
andare veloci e lontano.
Sia gioioso il vostro tendervi nella mano dell’Arciere;
poiché se ama il dardo sfrecciante,
così ama l’arco che saldo rimane.


Il distacco
Copyright by THEA 2009




Per il Well-being il concetto di distacco è fondamentale e non deve essere visto come qualcosa che semplicemente accade "per natura".Alcuni visitatori mi hanno inviato alcune e-mail di apprezzamento per la sezione Psicologia, ma anche di critica per la sezione sulla famiglia. In realtà, leggendo attentamente le e-mail, si comprende come la critica non nasce da un fondamento razionale, ma dal tentativo di accordare delle soluzioni familiari senza in realtà cambiare nulla. Tutti i problemi fra genitori e figli nascono dal fatto che per l'educazione ricevuta o per egoismo nessuno accetta il proprio ruolo e pretende ciò che in realtà non gli è dovuto, si mischiano cioè diritti e doveri senza avere la chiave per capirli e separarli secondo giustizia. Questa chiave è il concetto di distacco che sarà fondamentale nel terzo millennio: una coppia ha un figlio, lo educa, il figlio accetta la coppia come genitori, poi, a una certa età, incomincia a fare la propria vita, finché si distacca da loro. Detto così sembra che non ci sia nulla di nuovo. Il problema è che le famiglie (genitori e figli) non riescono a comprendere che tutti i loro rapporti, i loro conflitti e anche il loro amore sono in funzione del distacco. Nel secondo millennio il concetto di distacco era assente o era addirittura negato: si pensi a quanti genitori hanno preteso che i figli vivessero con loro anche dopo che si erano sposati. Il risultato erano incomprensioni a non finire.
Il distacco è il momento in cui un figlio decide di fare la propria vita, di camminare con le proprie gambe, senza l'aiuto dei genitori.
È un momento netto, proprio come per il bimbo che impara a camminare: finché si va ancora a carponi non c'è distacco. Grazie al concetto di distacco i rapporti fra genitori e figli diventano chiari: esistono due fasi, prima e dopo il distacco. 
famiglia
Prima del distacco i genitori decidono della vita dei figli - Se un figlio maggiorenne vuole continuare a studiare servendosi dell'appoggio dei genitori non può nemmeno pretendere di vivere la sua vita. Questa pretesa non è che una forma dello sfruttamento dell'amore dei genitori (pensiamo al figlio ultratrentenne che studia ancora!). Se un ragazzo vuol fare la propria vita si cerchi un lavoro e si distacchi dai genitori; fra le altre cose imparerà sicuramente a crescere e a conoscere la vita, cosa che non potrà certo fare se l'unica preoccupazione della sua giornata è chiedere i soldi per acquistare la macchina, per andare in vacanza o per uscire il sabato sera con gli amici. Un figlio che non ha il coraggio di distaccarsi non può pretendere di insegnare ai genitori come educarlo. Se i genitori sbagliano se ne vada, se non sbagliano accetti la loro educazione, anche se non collima con i suoi desideri. Dopo il distacco i genitori non hanno più voce in capitolo sulla vita dei loro figli - È chiaro che l'amore resta immutato, ma deve trasformarsi ed elargire utili consigli, non più ordini. Il caso più classico è quello dei genitori (spesso la madre) che continuano a interferire nella vita dei figli dopo che questi hanno deciso di staccarsi, spesso con la motivazione: "Lo faccio per il tuo bene". Dopo il distacco il genitore deve capire che il figlio ha ottenuto la sua piena libertà (è quindi anche libero di suicidarsi!), non è più un essere che deve essere guidato fra i meandri della vita. Se sbaglia è una sua libera scelta, comunque derivata dall'educazione ricevuta. Anziché continuare a ordinare, il genitore dovrebbe chiedersi dove ha sbagliato nell'educazione. Praticamente questa intrusione la si trova ogniqualvolta i genitori interferiscono nella formazione della nuova famiglia dei loro figli. Il caso della suocera è classico. Nel terzo millennio non ha più senso che la nuova coppia viva con i genitori di lui o di lei: la pratica dimostra che ci sono sempre problemi. Chi accetta l'interferenza dei genitori suoi o del compagno/a ha già messo la prima pietra della propria infelicità. La cosa più comune è che si cerca di risolvere il problema con continui compromessi, quando la soluzione è banale: ognuno per conto suo!
Il falso distacco
Sono sicuro che molti lettori approveranno le righe soprastanti, ma una buona percentuale non ha capito! Perché? Perché ha trascurato la parte finale della definizione, quel "senza l'aiuto" che è fondamentale.Si dirà "che male c'è se i genitori ci danno un aiutino per farci vivere meglio? Se ci tengono i figli perché noi siamo troppo occupati? Se ci pagano una parte del mutuo della casa? Se ci regalano l'auto nuova?Nessuno, ma non si sta camminando con le proprie gambe (quindi si è, esistenzialmente, handicappati), si è ancora bambini incapaci di spiccare realmente il volo. Il risultato è un legame ancora troppo forte che di fatto si tradurrà in un'incapacità di essere veramente adulti, veramente sé stessi.   Provate il test Genitori e figli per sapere se avete una visione moderna della famiglia o se vivete ancora nel medioevo.

I COMMENTI
Mamma son tanto felice perché ritorno da te...  
Beniamino Gigli
Mamma son tanto felice perché ritorno da te. La mia canzone ti dice ch'è il più bel sogno per me... è questo l'inizio di una canzone degli anni '40 interpretata dal mitico Beniamino Gigli (1890-1957, nella foto). Se leggete il testo della canzone e vi ci ritrovate un po', beh, questa mail è un test di modernità.Giampiero mi ha scritto una chilometrica mail sulla sua situazione familiare chiedendomi un consiglio. Non riporto la novella Guerra e pace perché il mio server non è abbastanza grande per contenerla (la battuta è il solito invito alla concisione), ma solo le impressioni dopo la lettura.Abbiamo una persona con problemi di convivenza familiare con la moglie che non va d'accordo con la suocera. Si esaminano per pagine tutte soluzioni che a me francamente appaiono utopistiche, per cui il consiglio che posso dare a Giampiero è di fare tabula rasa di tutto e farsi una domanda: chi è più importante, il genitore o il coniuge?Di solito si danno tre risposte.
1) Il genitore ovvero la mamma è la mamma. In questo caso non c'è stato alcun distacco dai genitori e non si capisce perché Giampiero si sia sposato e abbia cercato una famiglia tutta sua. L'amore si dimostra con le azioni e se le azioni sono dirottate principalmente verso il genitore cosa resta per la propria famiglia?
2) Entrambi sono importanti*. Questa è forse la risposta più frequente e chi la dà pensa di aver dato una bella risposta. In realtà si mette la propria vita in balia del caso. Se c'è accordo fra genitore e coniuge il tutto può reggere, ma se non c'è? Ecco che allora iniziano i problemi. Non si può pretendere di forzare l'accordo, anche se spesso per motivi economici (i genitori passano i soldi per l'acquisto della casa, per l'avviamento di un'attività, tengono i bambini ecc.) il compromesso è l'unica soluzione, vivendo in un equilibrio altamente instabile. In realtà anche in questo caso non c'è stato nessun distacco dai genitori  e il proprio amore viene diviso fra le tante persone della famiglia allargata. Una situazione antica, da famiglia in cui l'unico risultato è che i problemi di uno sono i problemi di tutti. Morale: più problemi.
3) Il coniuge perché è la mia nuova famiglia. Questa è la risposta più moderna, che stabilisce una priorità che consente di andare avanti senza sentire il debito verso chi ci ha donato la vita (se è un dono che senso ha pretendere qualcosa in cambio?) ed essendo pronti a donarla ad altri, amandoli con tutte le nostre forze. Non significa non amare più i propri genitori, quanto amarli "dopo" la propria nuova famiglia. È questo che Giampiero non ha ancora capito.

* Si noti che il soggetto dovrebbe rispondere "entrambi sono egualmente importanti", ma pochissimi a cui è posta la domanda rispondono così perché "sentono" che la risposta è discutibile. Il soggetto cerca di svicolare alla precisa domanda (si chiede chi è più importante) e la aggira lasciando nel vago (come tale, la seconda risposta è sempre sbagliata!). Di fatto non ha il coraggio di prendere atto che una persona equilibrata stabilisce una priorità.

La questione é che io vorrei ridimensionare la mia attività o magari venderla per crearmi qualche cosa di più gestibile per me e la mia ragazza, in modo da non dover dividere 24 ore al giorno anche con i miei.Certo che i miei non fanno altro che mettermi di fronte rischi di ogni genere, la cosa mi smonta... io ci credo, so di sapere fare il mio lavoro! Mi piacerebbe avere anche un po' più di tempo per me e i miei hobby, cosa che ora non è possibile! Cosa ne pensa un High?Quanti anni hai? 14? No? E allora che discuti a fare con i tuoi genitori della tua vita che appartiene a te e solo a te.Una ragazzino ascolta ancora i genitori; un adulto fa le sue scelte, magari sbaglia, ma cerca di camminare con le sue gambe. La differenza fra un bambino e un uomo è questa. 

Una bellissima nave che salpa...  Padre e figlio
Ho acquistato La felicità è possibile e devo dire che mi ha aiutato in alcune piccole e grandi cose. Certo, la mia filosofia di vita era già molto simile alla tua, ma diciamo che mi hai fatto risparmiare tempo! Nel senso che credo sarei arrivata alle medesime cose che dici tu, ma magari con altri 10 anni di lavoro (adesso ne ho 32), quindi grazie, grazie di cuore! Ti scrivo però sull'articolo dei figli. Io credo che i figli si debbano fare per noi! Io ho fatto R. per me, nel senso che ero io a volere un figlio, avevo voglia di prendermi cura di una piccola creatura, avevo voglia di cambiare pannolini, di allattare, di passare il mio tempo con un cucciolino che aveva voglia e bisogno di me. Ritengo sano tutto ciò che rientra in un sano egoismo, quindi avere figli per sé, è un buon modo di amare sé stessi e gli altri. Ritengo anzi ipocrita chi dice di avere fatto figli per amore: amore per cosa? Per i figli, ma come si fa ad amare qualcosa che ancora non si conosce??? Non è possibile. Amore per il partner, ma cosa vuol dire amare il partner e fargli come regalo un figlio che non si sa cosa sia? C.


Fare un figlio per amore è come costruire qualcosa, lanciarsi in un'impresa, amare un'impresa, come scoprire una terra nuova (che quindi non si conosce). Per spiegarti il senso dell'impresa ti faccio un'analogia. Ho partecipato, con un mio amico, al recente torneo scacchistico di Jesolo. Abbiamo gareggiato nel torneo internazionale, forse sopravvalutando le nostre forze. Risultato un massacro, con molte sconfitte (6 su 9). Dopo una sconfitta io ero tranquillo, cercavo di capire gli errori e, tutto sommato, mi ero divertito. Il mio amico era arrabbiato, deluso, quasi depresso, anche se la sua autoironia lo salvava un po'. Ho capito che lui non ama gli scacchi, ma solo l'eventuale successo che ne deriva, le sensazioni immediate dopo una vittoria. In effetti ha fatto tante cose nella vita, ma tutte le ha improvvisamente abbandonate quando capiva che non poteva andare "oltre". Per me giocare a scacchi è costruire qualcosa, capire tutto, giocare una partita "immortale", senza errori (gli scacchisti, gente strana, non farci caso, le partite perfette le chiamano "immortali"). Forse non ci riuscirò mai, ma giocherò sempre. Così fare un figlio per amore significa costruire una nuova vita e farla riuscire bene, darle tutto quello di cui ha bisogno; non devi farlo certo per sopperire ai tuoi bisogni. Poco contano i propri sentimenti e i propri egoismi. È molto riduttivo avere un figlio perché "avevo voglia di prendermi cura di una piccola creatura, avevo voglia di cambiare pannolini, di allattare, di passare il mio tempo con un cucciolino che aveva voglia e bisogno di me". Perché? Perché alla fine si fanno gli errori che fanno tutti i genitori (in particolare, partendo sempre dalle proprie esigenze, man mano che il figlio cresce, non si capirà esattamente ciò di cui ha bisogno) e, fra l'altro, si è massacrati dai problemi dei figli. Francamente penso che siano pochi i genitori veramente bravi; il più delle volte quando sono di fronte al prodotto di un'educazione genitoriale (cioè sono di fronte a un bambino o a un ragazzo) penso (è una battuta che però rende l'idea) che "se fosse mio figlio lo abbandonerei sull'autostrada". I genitori hanno dato magari tanto al figlio, ma sono sempre partiti dai loro desideri, dai loro egoismi; si comprende già che uscirà un adulto mediocre, oberato dai tanti problemi della vita. Non sono stati capaci di costruire qualcosa di veramente positivo e questo a prescindere dalla loro condizione sociale o intellettuale.Quello che voglio dirti è che le tue motivazioni vanno bene solo per i primi anni di vita del bambino, ma poi è illusorio sperare che cresca al meglio senza un grande investimento di risorse da parte tua, risorse che spesso sono in conflitto con i tuoi egoismi. Inoltre c'è il grave pericolo che tu lo veda sempre come un cucciolino e che non sappia staccartene, lasciandogli vivere la propria vita.Apprezza la differenza. Se io ho voluto un figlio solo per "fare la madre" e cambiargli i pannolini, quando se ne andrà probabilmente proverò un senso di vuoto tremendo; se invece lo avrò fatto per l'amore di contribuire alla costruzione di una nuova vita, sarà come vedere salpare una bellissima nave che sentiamo aver costruito pezzo per pezzo. Ci sarà qualche rimpianto, ma anche la consapevolezza di aver fatto qualcosa di unico, di aver vissuto bene la propria vita.

1 commento:

  1. Vorrei dire all'autore tha di questo post è stato un piacere per inciampare su questo blog.

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