L'arte di perdere non è difficile da imparare;
così tante cose sembrano pervase dall'intenzione
di essere perdute, che la loro perdita non è un disastro.
Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta il turbamento
delle chiavi perdute, dell'ora sprecata.
L'arte di perdere non è difficile da imparare.
Poi pratica lo smarrimento sempre più, perdi in fretta:
luoghi, e nomi, e destinazioni verso cui volevi viaggiare.
Nessuna di queste cose causerà disastri.
Ho perduto l'orologio di mia madre.
E guarda! L'ultima, o la penultima, delle mie tre amate case.
L'arte di perdere non è difficile da imparare.
Ho perso due città, proprio graziose.
E, ancor di più, ho perso alcuni dei reami che possedevo, due fiumi, un continente.
Mi mancano, ma non è stato un disastro.
Ho perso persino te (la voce scherzosa, un gesto che ho amato). Questa è la prova. È evidente,
l'arte di perdere non è difficile da imparare,
benché possa sembrare un vero (scrivilo! ) disastro.
Elizabeth Bishop
Mi piace, quando serve, citare il Dalai Lama: "quando perdi, non perdere la lezione". Per anni non ho saputo gestire la perdita. Sia intesa come assenza di qualcuno o qualcosa, che come "sconfitta". La sconfitta mi faceva vergognare di me stessa. La consideravo un'onta, un marchio indelebile. Giravo come quella poveraccia con la mia lettera scarlatta impressa sulla fronte. "S" di sconfitta. L'ultima delle reiette. Che patimenti! Non capivo come fosse stato possibile non riuscire nel mio intento. Eppure, partivo sempre vincente (nella mia testa!). Probabilmente, l'età aiuta. Negli anni ho capito che non è indispensabile vincere a tutti i costi. Certo è una soddisfazione e, in tutto quello che faccio, cerco di portare a casa il risultato. Non il migliore in assoluto ma quello migliore per me. Se le cose non vanno come speravo, non mi angoscio. So di avere fatto del mio meglio e, probabilmente, nel bene e nel male, il risultato ottenuto è la cosa migliore che mi possa capitare.
RispondiEliminaPerdere una persona, un affetto, invece, credo sia davvero difficile. Niente e nessuno è perso fino a quando una traccia della sua essenza rimane in noi. Non affollo più la mia anima di inutili presenze o di fastidiose assenze. Coltivo con cura il ricordo di chi non voglio mi lasci mai. Evito di lasciare spazio a chi ha scelto di non esserci. In quest'ottica, la perdita di qualcuno non può che essere percepita come un bel ricordo, nostalgico ma appagante o come un evento della vita. Un passaggio necessario per andare oltre.
Alle cose ho imparato a non attaccarmi. Come ai luoghi. Non esiste nulla che non possa essere sostituito. Alcune volte poniamo resistenze al cambiamento. Ci sembra che le cose perdute siano le migliori, le più belle, che abbiamo mai avuto. Dobbiamo imparare a godere del presente, di quello che abbiamo o viviamo, sapendo che ci è funzionale nel momento in cui ci serve. Le cose si possono lasciare. Le città si possono cambiare. Case, vestiti, monili, libri, lavori... tutto può essere perso, lasciato, ritrovato mai uguale. Non è bellissimo? Non sentite come cambia la percezione rispetto al "perdere".
Ora vi saluto, miei cari. Oggi ho deciso di perdere il tempo. Da tanto non avevo tempo per me.
Ricordatevi che potete perdere, tutto e tutti ma che non perderete mai voi stessi. Quindi amatevi! Perdetevi solo un attimo, il tempo che serve, per ritrovarvi più belli di prima.
Vi voglio bene!
Come al solito, non rileggo. Se mi sono persa qualcosa... ops... già andata!
Evito di lasciare spazio a chi ha scelto di non esserci. Bella! Questa frase racchiude almeno due diversi significati per me. Essere presenti a se' stessi senza bisogni o ansie dell'altrui e rispetto per chi ha scelto una direzione diversa dalla nostra. Complimenti! Bel blog. Ti si puo leggere anche su fb?
RispondiEliminaCiao Luca. Grazie per il tuo commento e per quanto mi hai scritto. Non ho una pagina Facebook. Ho solo un profilo privato. Ci scrivo parecchie cavolate. Se ti va scrivimi, anche via mail (luciana.ferri@icloud.com) così ti aggiungo. Tanto anche su Facebook ci si può perdere e trovare! A presto
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