Basta perdere tempo e salute correndo dietro a mille impegni. Basta prendere troppo sul serio, sé stessi e il prossimo. È il consiglio di Carla Ferguson Barberini, nome collettivo dietro cui si celano gli autori de Il metodo sticazzi, un manuale per “diventare invincibili, lavorare meno e guadagnare di più” destreggiandosi tra colleghi stakanovisti ed etica professionale.
A testa china sul documento da consegnare a ore, squilla il telefono: è il capo, che da chissà dove, comunica un nuovo incarico. Naturalmente è urgente e non gliene importa nulla se sei già impegnato e hai anche altro da fare. Mentre hai la cornetta ancora in mano, con la coda dell’occhio scorgi sul monitor un’e-mail da quel cliente che proprio non ti aspettavi. Di sicuro sarà l’ennesima scocciatura. Intanto, Skype continua a lampeggiare. Sarà quella tua amica che ti bombarda di messaggi in chat oppure quell’altro cliente dall’altra parte del mondo?
È questa la giornata tipo delle lavoratrici e dei lavoratori, italiani e non. Mille impegni, sempre di corsa tra ufficio, riunioni, incontri, casa e vita privata, con figli da accudire, partner da non trascurare, il nonno che non sta bene e gli amici che si lamentano. Un tran tran a cui sottrarsi è quasi impossibile: qualcuno, quando non ne può più, si sfoga lanciando volgarità a pieni polmoni, qualcun altro si lascia travolgere dagli eventi, qualcuno arranca a starci dietro, qualcuno non ce la fa proprio.
Ma forse la soluzione c’è. E viene dalla tradizione popolare, come popolare, da borgata, è il sistema da seguire: è Il metodo sticazzi, titolo di un “agile manuale d’istruzioni per condurre una vita felice e serena” scritto da un collettivo di professioniste della comunicazione che si celano dietro l’altisonante quanto improbabile “nom de plume” di Carla Ferguson Barberini. Centododici pagine piene di (auto)ironia e un pizzico di cinismo (le edita Aliberti nella collana Freestyle, euro 9), sulla cui copertina capeggia un uomo in calzamaglia e mantello dal sorriso beato, un supereroe che non fa una piega se gli arriva una brutta notizia e gli basta stare in salute, avere vicino qualcuno che gli vuole bene e fare qualcosa che gli piace, perché “tutto il resto è sticazzi”.
È una linea di pensiero “destinata a illuminare l’umanità”, Il Metodo sticazzi. Una filosofia contemporanea, un neoepicureismo alla romana, da abbracciare senza indugio e da praticare con costanza, in tutti gli ambiti della vita, sul lavoro come a casa, in auto oppure in vacanza. Il collega cleptomane ti ruba in continuazione le penne dalla scrivania? Tu riprenditele e non fare troppe storie. Al supermercato c’è un mega-sconto sui wurstel? E chissenefrega, compra solo quello che ti serve. In ritardo alla riunione? Tanto non si decide mai niente di importante. Il vicino ha iniziato a strimpellare la chitarra? Vivi e lascia vivere, la prossima volta che organizzi una festa non ti preoccuperai del rumore. Tua moglie ti accusa di non aiutarla nei lavori domestici? Proponile di mollare la scopa e di uscire insieme, un pavimento sporco non ha mai ucciso nessuno.
Prendere la vita come viene, insomma, è il segreto per stare bene, senza preoccuparsi di avere tutto sotto controllo, di essere perfetti, perché tanto la perfezione non esiste e c’è sempre qualcuno migliore di te. Un’attitudine alla leggerezza, che spesso, scrivono le autrice, proprio alle donne difetta. “C’è una tendenza generalizzata alla nevrosi – dice ‘una’ delle Carla Ferguson –, che rende le donne tra di loro nemiche, soprattutto nel mondo del lavoro, e le fa scannare anche per questioni di poca importanza. Ma la nostra arma in più è invece la solidarietà femminile, una donna nemica di un’altra donna va contro la sua natura, mentre dovremmo stare insieme e unite per combattere un mondo maschile e maschilista”.
Come una religione, Il metodo sticazzi ha i suoi profeti e i suoi modelli di riferimento, da Ponzio Pilato (che se ne lavò le mani) a Giulio Cesare (suo il motto “Alea iacta est” che, tradotto molto liberamente, è “Oramai è così, che ci posso fare?”), da Rossella O’Hara (che rimandava qualsiasi cosa a domani e a ogni altro giorno) a Josè Mourinho (tra le sue tante dichiarazioni, perfetta “Neanche Gesù era amato da tutti, figuratevi io”). E poi Bob Marley e i fricchettoni, i gatti (a cui bastano una scatoletta, un posticino caldo e un paio di coccole) e il bidello, che a scuola copriva gli ingressi in ritardo e firmava sul libretto al posto dei genitori. “Scovare l’uomo che può renderci la vita più agevole col minimo sforzo, reggendo il gioco di ogni nostro cedimento – scrivono gli autori – e legarlo a noi stessi in modo irrevocabile, è uno dei punti chiave della strategia sticazzista”.
Una strategia che ha le sue regole, prime fra tutte quelle di non essere invidiosi né permalosi, stare alla larga da persone precisine e pronte a tutto per questioni di principio. Sul lavoro, inutile innervosirsi per il collega stakanovista, quello che non rinuncia alla pausa pranzo, arriva per primo e va via per ultimo, non fa neanche una telefonata privata né ha Facebook perché non vuole perdere tempo. “Non angustiatevi e soprattutto non mettetevi mai in competizione con lui, sareste condannati alla sconfitta e in caso di vittoria perdereste comunque, perché vi trovereste a lavorare il doppio senza che nessuno ve l’abbia chiesto”. Meglio farselo amico, allora, così se arriva un cliente insopportabile, sarà lui a occuparsene e se nel prossimo mese toccherà fare gli straordinari, sarà sempre lui a farsene carico per tutti quanti.
Ma come tutte le più grandi invenzioni, avverte Carla Ferguson Barberini, anche Il metodo sticazzi, se utilizzato male, può portare all’autodistruzione. Fregarsene dell’ambiente e dell’inquinamento, girarsi dall’altra parte, commettere reati, non ha futuro. Ma anche non rispettare con frequenza gli orari di ufficio, dire sempre no, più tardi, forse, a capi-colleghi-clienti, può essere la strada più breve per il licenziamento. “Il metodo – conclude una delle autrici – va applicato con equilibrio, senza superare i limiti dell’etica, anche professionale, e distinguendo ciò che è importante da ciò che è del tutto superfluo”.
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