Avevo capito che rinunciare a se stessi, non amarsi è come sbagliare a chiudere il primo bottone della camicia. Tutti gli altri poi sono sbagliati di conseguenza. Amarsi è l'unica certezza per riuscire ad amare davvero gli altri.
Fabio Volo dal libro "È una vita che ti aspetto"




lunedì 4 aprile 2011

Se lo dimentichi quel posto non esiste più, come se non fosse mai esistito...

pozzo
La parola ti deve scivolare in bocca
mentre
nelle buie sfere
tutto s'adagia
nel fondo 




Quello laggiù è un pozzo senza fondo. Andarci significa fare un salto nel vuoto, non avere idee, non avere speranze. Per andarci devi stare diritto ma in un istante devi poter toccare la terra con le mani, devi ascoltare come se fossi ad occhi chiusi e devi guardare con gli occhi quello che vedi e con tutto il resto devi sentire ciò che non vedi. Poi devi poggiare bene i piedi a terra e devi essere mobile, rilassato ma all'erta come se da un momento all'altro qualcuno potesse aggredirti. Devi dimenticare tutto e poi ricordare tutto, continuamente. Il pozzo senza fondo non è un luogo che se ci arrivi non ne esci più. Ad ogni istante può arrivare un'infiltrazione d'acqua che ti riporta in superficie. Laggiù poi c'è un'acqua meno densa dell'acqua, quasi aria. Lì devi lasciarti trasportare. Ma non mollare mai la presa, se sei laggiù ci sei arrivato grazie al piombo al quale ti sei attaccato. Se per lasciarti andare lo molli, torni in superficie. Una volta credevo che laggiù potessi fare tutte le scelte, ora so che laggiù non esistono scelte ma solo l'unica cosa esatta e giusta da fare in ogni momento. E' l'unico luogo in cui tutto è giusto, eppure non esistono leggi. Non è l'inferno, non è il paradiso. E' l'uno intarsiato dell'altro. E' un luogo illegale e pericoloso. L'unica cosa giusta è quella che deve venire. E' un posto nel quale somigli a un dio, ma non per potenza. Somigli a un dio perché puoi ridere o piangere indifferentemente, o fare entrambe le cose contemporaneamente. La voce deve essere la tua ipervoce. Una voce che nasce da quella di tutti i giorni e poi diventa la voce dei rari momenti in cui hai detto la verità. Non occorre essere fanatici o coraggiosi o imprudenti per andare laggiù, occorre sapere con estrema certezza che quello è l'unico posto possibile e che il resto è niente. Ricordati di chiederti sempre, sempre, se sei veramente in quel posto. Il peggio sta tutto attaccato lì intorno, un passo e sei fuori, un passo e sei dentro. Un passo e sei morto, un passo e sei vivo. Ricordati di ricordarti di chiedertelo sempre. Se lo dimentichi quel posto non esiste più, come se non fosse mai esistito. La sua esistenza è consequenziale e contemporanea alla sua stessa creazione. Lì si crea, altrove si copia. Attento alle mani se non sono attaccate alle braccia e queste al busto e questo alla pancia, al bacino e al sesso. Muovi gli occhi finché non è necessario muovere la testa. Pianta le gambe come radici e se ti muovi portati dietro tutta la zolla di terra. Quando muovi le mani fai attenzione all'aria, sentila, è più spessa di quanto credi. Se percepisci tutto e niente ti ferisce sei nel luogo giusto. Se senti che l'invidia è simile alla gioia sei nel posto giusto. Lì non esiste "no", tutto è un enorme "". Lì non esistono monologhi ma solo dialoghi. Per andare laggiù devi sapere che sei più alto e più pesante di quello che sembri. Forse laggiù si può dire qualunque cosa indifferentemente, forse si può non parlare affatto, questo è il problema degli scrittori. Sottile e denso come la memoria. Vasto e profondo come il pozzo in cui ti volevano buttare da bambino se sbagliavi qualcosa. Ma non devi fare il bambino, lì non esiste cinismo. E non devi invecchiare, lì non esiste scherno. Non è un incanto, è un canto. Lucido, perfetto, pulito. Il bassorilievo di un'imponente composizione.

l'acqua del pozzo

Quando stai facendo qualcosa di buono è nel momento in cui vorresti solo ballare e muovere tutto il corpo. A quel punto non si tratta di scegliere cosa fare, ma di scegliere cosa non fare. Se l'impulso a muovere ogni parte, a desiderare di fare tutto, ad avere la sensazione di poter fare tutto è reale - ovvero senza vergogna o preoccupazione alcuna, senza arroganza, non contro qualcuno o qualcosa ma a favore di tutto e di tutti -, allora, in verità, tutto è stato già fatto ed è visibile da chiunque.
A quel punto ogni aggiunta, ovvero ogni azione, è un di più che toglie sfumature a ciò che già tutti stanno vedendo. Un tempo credevo che fare poco o niente fosse il punto di partenza. No. Il punto di partenza è fare tutto ciò di cui hai veramente bisogno - e questo "tutto" può essere anche niente se è niente ciò di cui hai bisogno - per arrivare là dove vuoi e puoi solo ballare con tutto il corpo; come essere un bambino ipereccitato che ha bisogno di riempirsi il corpo di tutta la gioia che prova, e la gioia è aria compressa mentre il corpo è un palloncino da gonfiare al limite dello scoppio. Lì inizia il lavoro delle scelte. Ciò che scegli di fare in verità è ciò che non verrà visto, mentre ciò che scegli di non fare è ciò che verrà visto. O meglio. Ciò che scegli di non fare verrà visto ma non attraverso gli occhi. Verrà visto completamente, attraverso tutti i sensi, compresi quelli non fisici. Tutt'al più un'azione può servire ad incanalare l'attenzione, a darle una piccola spinta, ma poi deve retrocedere rapidamente. E non è, questo, un gioco alla sottrazione, al suggerire per poi non offrire, al "mi vedi e non mi vedi". No, non si tratta di tecniche di frustrazione, di coito interrotto o di qualche altra perversità. Si tratta di non offrire niente nel momento in cui ti stai offrendo completamente, ovvero si tratta di scomparire. Quale obbiettivo più alto può porsi un attore se non di scomparire essendo completamente presente? Si tratta di far dimenticare l'attore al pubblico e di far ricordare il pubblico al pubblico. Perché ciò avvenga occorre che tra il pubblico e se stesso non ci sia quasi niente. Quasi. Quello che deve esserci, l'attore, è un velo d'acqua attraverso il quale guardarsi e guardare oltre. Non uno specchio, non un una lastra di vetro trasparente. Un velo d'acqua attraverso il quale le forme e i significati scorrano, abbandonandosi all'acqua stessa o passando da parte a parte o ancora rimbalzando su di essa per tornare indietro. Ciò che avviene per merito del velo è che tutto ciò che ci entra in contatto viene modulato dal movimento stesso dell'acqua. Per cui niente è uguale a prima. E' molto simile ma non è uguale. La poetica di un attore sta tutta in quel "molto simile ma non uguale". Questa poetica nasce dallo sguardo che l'attore ha nei confronti della vita. Se sarà uno sguardo estremamente moralista allora il velo somiglierà ad uno specchio che vuole sbattere in faccia al pubblico la meschinità della realtà. Se invece lo sguardo sarà estremamente ingenuo allora il velo sarà una lastra di vetro trasparente che esorterà il pubblico a dimenticare ogni meschinità per guardare al futuro con speranza. Ma se lo sguardo saprà abbracciare l'interezza della vita, nella sua completa incompletezza, nel suo illimitato limite, in un equilibrio da funambolo tra la terra e il cielo, tra l'orrore e la magnificenza, allora il velo sarà d'acqua pura. Acqua trasparente ma con qualche venatura di celeste, acqua calma ma, per sua stessa natura, mai immobile, acqua che trattiene e insieme lascia scorrere via, acqua che si lascia tingere ma che presto riassume la propria trasparenza, acqua sulla quale galleggiare o dentro la quale affondare. L'acqua del pozzo.


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