Avevo capito che rinunciare a se stessi, non amarsi è come sbagliare a chiudere il primo bottone della camicia. Tutti gli altri poi sono sbagliati di conseguenza. Amarsi è l'unica certezza per riuscire ad amare davvero gli altri.
Fabio Volo dal libro "È una vita che ti aspetto"




sabato 24 luglio 2010

ERBE IN GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO, GUIDA ALL'USO

La donna già in stato di gravidanza, ma forse anche quando inizia a “programmare” la sua prossima gravidanza, molto spesso giustamente cerca di evitare il ricorso ai farmaci o al fumo di sigaretta perché conosce i rischi di una loro eventuale assunzione soprattutto nei primi tre mesi. Molto meno comune è invece una altrettanta attenzione verso i cosiddetti “rimedi naturali”, anzi al contrario si nota come talvolta la donna preferisca sostituire i suoi farmaci, che magari è costretta ad assumere per una patologia cronica, con erbe, integratori vari o veri e propri estratti (tinture, macerati, ecc.), fermamente convinta, e spesso rafforzata in questa idea, che quelli siano “sicuri perchè naturali”.
Poi certo vi ricorre anche per contrastare i disturbi fisici più comuni durante la gravidanza quali la nausea ed il vomito, le infezioni urinarie, la stitichezza e la lombalgia.
E’ pertanto indispensabile ricordare, se mai ce ne fosse bisogno, che tutte le piante (dalla Camomilla alla Cicuta) contengono una serie anche molto complessa di sostanze chimiche, diverse tra loro, con attività biologiche, farmacologiche e tossicologiche proprie. Per cui, paradossalmente, può risultare molto più difficile gestire l’assunzione di un rimedio naturale che non quella di un farmaco di sintesi.
Le conoscenze relative alla farmacocinetica e alla farmacodinamica del fitocomplesso di una pianta e di un suo estratto, sono generalmente più scarse rispetto a quelle che si hanno per i singoli componenti così come i farmaci di sintesi. E questa è una problematica che assume particolare rilevanza per le donne in stato di gravidanza. Conosciamo ancora poco sul grado di diffusione delle sostanze vegetali attraverso la barriera placentare, sui possibili effetti teratogeni e sulle loro attività farmacologiche sui tessuti embrionali.
Di molte piante officinali commercializzate anche nel nostro Paese sono noti soltanto i costituenti principali, ma soltanto di alcune conosciamo alcuni effetti collaterali nell’uomo,e ancor meno nella donna in gravidanza.
In particolare nel 1° trimestre, qualunque tipo di terapia, compreso l’uso di piante medicinali e loro derivati, dovrebbe essere effettuata solo in caso di effettiva necessità e comunque sempre su prescrizione di un medico o naturopata esperto.
Le sostanze vegetali maggiormente rischiose sono comunque gli oli essenziali (presenti anche nella propoli), e gli alcaloidi, tutti ad altissima diffusibilità e dotati sempre di basso indice terapeutico, quindi potenzialmente tossici per il feto e il neonato.
La caffeina e la nicotina facilmente riducono la irrorazione placentare e pertanto sono controindicati in gravidanza il fumo e l’assunzione di molti caffè, così come altre piante neuro-psicostimoanti quali l' esedra, noce moscata, sinefrina, ecc.
In particolare sono controindicate le seguenti piante medicinali: China, Assenzio, Ruta, lassativi antrachinonici (Aloe, Cascara, Senna ecc.), Melograno, Chenopodio, Ginepro, Prezzemolo, Menta, Calamo aromatico, Cannella, Issopo, Salvia e comunque tutti gli oli essenziali in particolare quelli ricchi di chetoni. Alcune aumentano la contrattilità uterina con rischio di aborto, altre sono direttamente tossiche per il feto o l’embrione, come per esempio le piante contenenti alcaloidi pirrolizidinici (Farfara, Consolida, ecc.)
Durante l’allattamento possono alterare il sapore del latte piante contenenti sostanze molto amare, quali la Genziana, il Lichene islandico, la China, ecc. Cautela poi con le piante contenenti salicilati e lattoni sesquiterpenici, responsabili facilmente di reazioni allergiche. Nel latte passano anche altre sostanze attive quali fitoormoni, come ad esempio gli isoflavoni della soia.
Un recente studio americano (Gallo e coll, 2000) condotto su un gruppo di 206 donne che avevano assunto Echinacea durante la gravidanza (112 nel 1° trimestre), su un totale di 195 bambini nati, ha evidenziato 6 malformazioni maggiori, di cui 4 in donne che avevano assunto echinacea nel 1° trimestre di gravidanza. Nel gruppo di controllo di 206 donne che non avevano assunto echinacea, lo studio ha tuttavia dimostrato 7 malformazioni maggiori su 198 bambini nati. Gli Autori hanno concluso escludendo un aumento del rischio di malformazioni maggiori da uso di echinacea in gravidanza.Tuttavia i numeri sono troppo bassi per poter valutare un rischio minore di un doppio incremento delle malformazioni, e soprattutto un limite importante è che erano considerate pazienti omogenee, mentre in realtà non utilizzavano estratti omogenei, ossia standardizzati in principi attivi.
Ricercatori tailandesi (Vutyavanich T, 2001) hanno invece pubblicato uno studio controllato e randomizzato vs placebo per valutare l’efficacia dello zenzero contro la nausea in gravidanza: si è visto che l'entità della nausea e degli episodi di vomito alla fine della cura era nettamente minore nelle donne del gruppo zenzero rispetto a quelle del gruppo placebo. Data comunque la presenza di sostanze potenzialmente tossiche per il feto il consiglio è quello di dare la precedenza all’impiego di altre tecniche non farmacologiche più sicure e certamente efficaci, come la stessa agopuntura sia cinese che auricolare
È stata anche descritta una sindrome da androgenizzazione dall’uso in gravidanza di Ginseng.
Avvertenze per l’allattamentoDurante l’allattamento la neo-mamma ricorre frequentemente a rimedi più o meno naturali, per favorire ed aumentare la produzione di latte. Tra questi rimedi esistono ovviamente le tisane o estratti fitoterapici, ed in particolare sono utilizzati i semi di Finocchio e di Anice, i coni del Luppolo e le sommità fiorite di Verbena e di Galega.
Ad oggi non esistono controindicazioni all' assunzione di tisane a base di semi di finocchio o di Anice verde e di sommità di verbena. E’ invece utile sottolineare che proprio alla Galega (Galega officinalis) sono stati attribuiti casi di intossicazioni in animali (pecore e bovini), i quali, dopo essersi nutriti di tale pianta hanno presentato dispnea, schiuma dalla bocca, accesi di tosse e morte: la morte sopravviene per edema polmonare. Responsabile della tossicità della pianta è la galegina, una base derivata dalla guanidina. Le guanidine presentano inoltre attività ipoglicemizzante, e pertanto l’uso della Galega potrebbe anche interferire sul metabolismo glucidico del lattante
Queste considerazioni ci spingono a sconsigliare vivamente l’uso della Galega officinalis come invece raccomandato dalla tradizione erboristica occidentale.

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