Avevo capito che rinunciare a se stessi, non amarsi è come sbagliare a chiudere il primo bottone della camicia. Tutti gli altri poi sono sbagliati di conseguenza. Amarsi è l'unica certezza per riuscire ad amare davvero gli altri.
Fabio Volo dal libro "È una vita che ti aspetto"




lunedì 18 ottobre 2010

LA RIFLESSOLOGIA ZONALE: il massaggio del benessere

La riflessologia zonale, o massaggio delle zone riflesse dei piedi e delle mani, deve le sue origini a forme di pressione su determinate zone del corpo, praticate a scopo terapeutico dalle antiche civiltà. Già 5000 anni fa in Cina e in India era nota la possibilità di trattamento attraverso la pressione di punti specifici; tracce di simili terapie si trovano inoltre nella medicina dell’antico Egitto, in quella mesopotamica, fra le popolazioni del bacino del Mediterraneo.

Una pratica analoga è documentata nella Firenze del 1500, dove lo scultore Benvenuto Cellini usava tecniche pressorie sulle mani e sui piedi per alleviare i dolori reumatici di cui soffriva.
Anche la medicina degli Indiani d’America conserva simili forme di massaggio, soprattutto in funzione antidolorifica, e presso altre culture l’uso di sanguisughe e della coppettazione su determinati punti dell’epidermide fa sempre riferimento a questo sistema di guarigione a distanza.
Gli studi sulle relazioni fra interno ed esterno dell’organismo, fra corpo e cute, benché oscurati da moderne diagnostiche, non sono mai stati completamente abbandonati, anche in Occidente. Nel 1834 uno svedese, Pehr Henrik Ling, notò che i dolori provenienti da alcuni organi si riflettevano in zone cutanee distanti; successivamente altri studiosi misero in pratica tale scoperta trattando le zone riflesse in funzione anestetica, come il neurologo inglese Sir Henry Head: le zone di Head sono settori dell’epidermide che subiscono un mutamento in caso di malattie interne.
Ma, in Occidente, la riflessologia plantare (e palmare, in quanto le zone riflesse si trovano anche sulle mani) riconosce come fondatore il medico americano William Fitzgerald (1872-1942), che con il suo studio delle relazioni interno/esterno portò alla rivalutazione di una pratica antichissima, contribuendo a sistematizzarla e divulgarla.
Sembra che durante la sua esperienza di medico Fitzgerald avesse potuto notare come i suoi pazienti, istintivamente, cercassero di dominare il dolore causato da piccoli interventi o fastidiosi controlli clinici esercitando una pressione diretta su certe parti delle mani, oppure stringendo i braccioli della poltrona e simili. Altre fonti rilevano che Fitzgerald, osservando il lavoro degli sciamani pellerossa, capaci di effettuare guarigioni attraverso la stimolazione dei piedi, iniziò a sperimentare il metodo della pressione in luogo di analgesici, giungendo a risultati sempre più convincenti.
Membro attivo di associazioni mediche americane e medico stimato, arricchì i suoi studi e le sue esperienze con soggiorni in Europa, presso gli ospedali di Londra e Vienna. A Vienna, in particolare, frequentò l’Istituto di Studi Orientali dove ebbe modo di confrontare le sue intuizioni con gli antichi metodi di digitopressione cinesi.
Basandosi sulla convinzione che la pressione diretta su certi punti delle mani produceva un effetto analgesico su altre parti del corpo, dal 1912 Fitzgerald approfondì le sue ricerche sperimentando su sé stesso e sui suoi pazienti alcuni sistemi empirici: mollette da bucato o elastici applicati sulla punta delle dita per controllare il dolore durante le sedute dal dentista, pettini da stringere nelle mani per contrastare il dolore del parto e simili.
La notizia degli esperimenti di Fitzgerald giunse alle orecchie di Edwin Bowers, un medico che scriveva su importanti giornali americani, il quale si recò da Fitzgerald per studiare il suo metodo (1916). Bowers, convinto dei risultati, illustrò pubblicamente il trattamento definendolo terapia zonale. Dalla collaborazione tra i due nacque la pubblicazione del volume Zone Therapy (1917). Nelle prime edizioni vennero inclusi alcuni schemi riguardanti i riflessi plantari e venne proposta la suddivisione del corpo in 10 zone riflesse del piede.
Gli studi di riflessologia proseguirono con l’opera di una terapeuta americana, Eunice Ingham, la quale mise a punto una tecnica di massaggio per compressione descritta nel libro Stories The Feet Can Tell (1952).
Successivamente la riflessologia fu introdotta in Inghilterra e in Germania, rispettivamente da Doreen Bayley e Hanne Marquardt, entrambe allieve della Ingham; poi in Francia, Urss, Svezia e negli altri Paesi europei.
In Italia la riflessologia è arrivata solo sul finire degli anni ’70, ed è soprattutto a partire dagli ultimi dieci anni che comincia a essere conosciuta e seguita. Le scuole più famose sono quella di Elipio Zamboni, allievo della Marquardt, e di Marco Lo Russo, fondatore dell’Istituto di Riflessologia di Firenze: quest’ultimo rileva il limite della riflessologia “classica” occidentale, sostenendo che essa rispecchia la mentalità occidentale con i suoi automatismi meccanici, sintomatici e riparativi. Si usa cioè la riflessologia piuttosto per combattere i sintomi che non per conoscere le cause del problema.
Lo Russo riconduce quindi la riflessologia all’interno del più ampio sistema diagnostico-terapeutico olistico dell’antica Medicina Tradizionale Cinese e della bioenergetica, restituendo il massaggio zonale alle sue origini orientali.
La riflessologia intesa come disciplina olistica si basa infatti sulla teoria delle 5 Fasi Energetiche della MTC.
LE 10 ZONE ENERGETICHE
Per convenzione il corpo umano è stato diviso in due parti da un asse verticale centrale. In ciascuna delle due parti, la destra e la sinistra, perfettamente simmetriche tra loro, si individuano sia da un lato che dall’altro 5 zone energetiche verticali, simili a strisce.
Queste 10 zone energetiche terminano alle estremità del corpo, e più esattamente in corrispondenza delle dita di mani e piedi. Le zone hanno un rapporto di intima correlazione tra loro, poiché a ciascuna zona di destra corrisponde una reciproca zona di sinistra.
Con il termine zona si intende un luogo della stessa natura energetica, anche se gli organi che vi sono contenuti sono differenti tra loro.
Le zone individuate sui piedi rispecchiano l’anatomia del corpo, ovvero: i punti riflessi degli organi centrali e doppi si ritrovano su tutti e due i piedi, mentre i punti riflessi degli organi che si trovano solo su un lato del corpo sono da ricercare esclusivamente sul piede corrispondente. Poiché gli organi compresi in una stessa zona energetica sono in comunicazione tra loro, l’azione su una qualsiasi parte della zona energetica si riflette su tutte le altre parti della stessa zona (principio dei vasi comunicanti). Ecco perché risulta più efficace il trattamento all’estrema periferia, cioè sui piedi e sulle mani: dalla periferia possiamo influenzare l’interno. Applicando il massaggio su piedi e mani possiamo raggiungere l’organo interessato.
Le mappe riflessologiche costituiscono un’indicazione di massima per stabilire in quale zona è possibile reperire i riflessi di un determinato organo, ma non si tratta di localizzazioni assolute. In effetti ogni piede e ogni mano possiedono una loro struttura osseo-muscolare, una loro consistenza e una loro dimensione, quindi sarebbe impossibile pensare a una localizzazione millimetrica di ogni riflesso. Dovrà essere il terapeuta, grazie alla sua abilità e all’esperienza acquisita, a saper individuare le zone esatte.
Una volta effettuata la divisione verticale del corpo, è necessario procedere a un riferimento orizzontale per poter localizzare gli organi. A questo proposito è opportuno rifarsi alle dimensioni naturali del corpo: attraverso la linea del cingolo scapolare, quella margino-costale inferiore e quella del cingolo pelvico vengono definite 4 ragioni (regioni cefalica, toracica, addominale e pelvica). Con questi elementi è possibile determinare con esattezza le zone riflesse degli organi
Lo studio delle 10 zone energetiche ci fa capire che nel corpo esistono rapporti di simmetria: alto/basso, destra/sinistra, davanti/dietro, esterno/interno. Per esempio, la zona della nuca è in relazione con la zona del coccige (rapporto alto/basso); la bocca rimanda all’ano (alto/basso); la zona destra del corpo rimanda alla zona sinistra; le vertebre cervicali si riflettono sul tratto lombare, e così via.
Altro esempio è dato dalla spalla destra in relazione alla spalla sinistra; ma la spalla è anche collegata alla curva tra colon ascendente o discendente e colon trasverso (in questo caso abbiamo tre corrispondenze: alto/basso, destra/sinistra, esterno/interno). La corrispondenza tra occhi e ovaie-testicoli è di tipo alto/basso ed esterno/interno. Dolori al coccige devono far pensare anche a uno squilibrio sull’apparato genitale, per il rapporto di corrispondenza davanti/dietro.
Tenendo a mente questi concetti si pratica una riflessologia olistica e non ci si limita a trattare solo l’organo o l’apparato che manifestano il disturbo in modo più evidente.
LA TECNICA
Prima di toccare il piede è necessario riscaldarsi le mani con sfregamenti o con acqua calda per evitare alla persona sensazioni sgradevoli date dal contatto con mani fredde. Una volta iniziato il trattamento, è bene non interrompere la presa fino al termine della seduta (questo per mantenere una continuità energetica). Quindi, almeno una mano dell’operatore dovrà sempre mantenere il contatto con la persona che si sottopone al massaggio riflessologico.
Per prima cosa si esegue un massaggio di rilassamento e ci si concentra su movimenti di rotazione articolare, con l’intento di stabilire il contatto e mettere la persona a proprio agio. La maggior efficacia terapeutica si ottiene massaggiando le zone riflesse dei piedi: le mani sono meno sensibili e producono quindi effetti minori, anche se sono da tenere presenti per l’autotrattamento e per aumentare il risultato terapeutico di una seduta di riflessologia plantare.
Poiché i piedi rivelano, a chi li sa leggere, le condizioni dell’intero organismo, la presenza di una zona riflessa dolente è sempre indice di uno squilibrio passato, presente o futuro: il disturbo relativo alla zona dolente può essere già in atto, o lo è stato e si avvia alla risoluzione, oppure si verificherà in futuro, e il dolore nel punto riflesso rappresenta il segnale di un’alterazione presente a livello energetico.
Talvolta può capitare che un riflesso non risponda alla prima seduta – cioè non risulti dolente – nonostante la persona dichiari di avere un’alterazione organica diagnosticata dal medico: solo al secondo o terzo trattamento la zona riflessa si sensibilizza e manifesta la reale situazione energetica.
In questi casi dobbiamo chiederci se la scarsa sensibilità del riflesso rilevata nella prima seduta dipenda dall’assunzione di droghe, antidolorifici o psicofarmaci. Il trattamento è comunque necessario e apporta benefici anche nei casi in cui il riflesso sembra non rispondere.
Nella pratica è possibile assistere ad alterazioni riflesse che rispondono solo su un piede e non sull’altro: si può pensare a uno squilibrio energetico fortemente lateralizzato, oppure alla presenza di un trauma locale non risolto (sciatica, ernia, ferita, intervento chirurgico e così via).
Un’altra situazione interessante è data dagli organi che sono stati oggetto di interventi chirurgici: il riflesso risulterà perennemente alterato nella sua dinamica energetica. Anche nel caso in cui vi sia stata l’asportazione totale o parziale dell’organo, l’atteggiamento del riflessologo non cambia, dato che quell’organo, seppure sia stato asportato nella sua parte più materiale e visibile, continua a svolgere la propria funzione energetica nel corpo.
Pertanto, il trattamento deve sempre rivolgersi alla manipolazione dell’area riflessa dell’organo che ha subito l’intervento chirurgico, a maggior ragione se l’organo in questione è stato completamente asportato.
Vediamo adesso la tecnica da seguire nel massaggio riflessologico.
La presa della mano deve essere sicura e decisa senza esagerare con la forza: il massaggio viene sempre svolto alla soglia del dolore. Ciò significa che la pressione esercitata deve essere tale da produrre una sensazione di indolenzimento alla persona, senza tuttavia che questa sensazione divenga insopportabile. L’angolo che forma il pollice a contatto con la superficie da trattare è di circa 70° e il movimento che effettua è detto “a lombrico”. La mano sinistra lavora i riflessi posti sul dorso del piede destro, mentre la mano destra lavora il dorso del piede sinistro. Per trattare la pianta del piede si usano indistintamente entrambe le mani.
È di fondamentale importanza abituarsi a lavorare con tutte e dieci le dita delle mani: ciò per non compromettere la funzionalità dell’articolazione metatarso-falangea del pollice della mano. Il movimento specifico che deve compiere il terapeuta è sempre svolto a partire dal polso e dalla mano nella loro globalità. Il dito resta fermo ed esercita un leggero movimento rotatorio come se dovesse sciogliere qualcosa in profondità: si usa dire “come se si dovesse sciogliere un granello di sale”.
La direzione del massaggio non è particolarmente importante, anche se è bene usare il buon senso e seguire il senso naturale degli apparati. Ad esempio, per trattare l’apparato digerente è consigliabile attenersi a questa successione: bocca, esofago, stomaco, duodeno, intestino tenue, colon ascendente, trasverso, discendente, sigmoide, retto, ano.
Altrettanto si può dire per l’apparato urinario, da massaggiarsi secondo la successione rene, uretere, vescica, apparato genitale.
Se, nell’ambito dell’inquadramento diagnostico (sia mediante l’applicazione della teoria delle 5 Fasi Energetiche, sia con il colloquio e con l’analisi dei segni presenti sui piedi), il terapeuta ha la percezione che un determinato organo sia in condizione di sovraccarico energetico, di iperfunzionalità, il massaggio sul punto riflesso dell’organo in questione seguirà un movimento rotatorio in senso antiorario: ciò per alleggerire il sovraccarico e disperdere la congestione energetica.
Il movimento rotatorio in senso antiorario infatti disperde lo yang in eccesso e tonifica lo yin. Viceversa, se un organo viene percepito in una condizione di debolezza, di ipofunzionalità, il massaggio seguirà un movimento rotatorio in senso orario, in modo da tonificare lo yang carente.
L’uso di oggetti per favorire il massaggio può essere consigliato se il piede, essendo difficile da trattare, crea affaticamento al terapeuta, altrimenti l’ideale è la sola mano. Tra gli oggetti da utilizzare in questo ambito, si trovano nei negozi specializzati e presso ditte di prodotti cinesi massaggiatori di giada o di altre pietre dure, dalla forma simile a piccole banane arcuate e con le estremità smussate e arrotondate. Tali massaggiatori possono essere impugnati un’estremità usando l’altra estremità (di solito dalle dimensioni più piccole) per esercitare pressioni e rotazioni sui punti riflessi.
Un altro strumento è rappresentato da un bastoncino di legno delle dimensioni di una matita, con l’estremità smussata e arrotondata: l’ideale può essere una bacchetta di quelle usate dai cinesi per mangiare, avendo cura di sagomarla bene e levigarla in modo che la pressione di tale bacchetta sul piede non procuri fastidi o lacerazioni. Un bastoncino siffatto serve per raggiungere in profondità punti riflessi molto piccoli, ad esempio l’ipofisi, l’ano, le surrenali, la vescicola biliare.
Infine, possiamo citare l’uso di una pallina di legno, del diametro di 2-3 centimetri e non oltre, con la quale eseguire massaggi su aree leggermente più ampie rispetto a quelle trattabili con il solo dito pollice (ad esempio tutta la zona della colonna vertebrale, o le aree di prostata/utero e testicolo/ovaia); la pallina di legno serve anche per intervallare il movimento della mano creando una sensazione diversa alla persona. L’uso di stimolatori elettrici o di simili congegni è invece totalmente sconsigliabile.
Per favorire la presa e rendere il massaggio più morbido e scorrevole è buona norma ricorrere a una crema neutra, o meglio a un olio vettore al quale siano state aggiunte gocce di uno o più oli essenziali specificamente testati per la persona in questione (si ricorra dunque al test kinesiologico o al biotensor per effettuare simili test).
Il massaggio “a secco”, cioè senza uso di olio o crema, può essere effettuato sempre e comunque, ma con la pratica il terapeuta si renderà conto che l’uso di oli specifici oltre a rendere il trattamento più piacevole per la persona (nelle stagioni fredde, ad esempio, l’olio può essere riscaldato prima di venire applicato sui piedi), apporta una nota in più alla terapia (l’olio da scegliere viene testato appositamente per il soggetto da trattare) e rende il lavoro meno faticoso per l’operatore. Inoltre con l’olio si evitano anche i rischi di produrre arrossamenti o piccole lacerazioni alla pelle dei piedi. Non è necessario applicare grandi quantità di olio: ne basta un minimo, in modo da rendere tutta la superficie dei piedi morbida e scorrevole.
Si ricordi sempre che il massaggio non deve costituire sofferenza: nelle prime sedute può avvenire che la persona lamenti sensazioni di dolore, e sarà compito del terapeuta calibrare la pressione in modo da far sì che il soggetto da trattare si rilassi e si tranquillizzi, pur avvertendo qualche fastidio nelle zone riflesse più problematiche.
Superati i momenti iniziali, il massaggio esplica sempre un effetto rilassante, distensivo e tonificante in quanto ha il potere di riequilibrare gli scompensi. Non dobbiamo allarmarci se le zone riflesse dolorose sono molte: tenendo presenti le corrispondenze esistenti nel corpo, la teoria delle 5 Fasi Energetiche, i segni che appaiono sui piedi e tutte le altre informazioni che ci vengono dalla nostra preparazione, saremo in grado di impostare la terapia più appropriata così da garantire un aiuto alla persona che si è rivolta a noi.
LETTURA DEI SEGNI DEL PIEDE
I segni che appaiono sui piedi permettono di effettuare una valutazione energetica della persona e dei suoi squilibri. Si prendono in considerazione svariati elementi, tra cui ad esempio: righe, callosità, gonfiori, colori, dolore alla pressione, temperatura, risposta alla pressione, umidità o secchezza e odore. Ciascuno di questi segni, così come altri che l’occhio esperto sa riconoscere e valutare, forniscono informazioni importanti sul soggetto e sulle sue condizioni fisiche, mentali, emozionali, energetiche.
I primi due elementi di diagnosi, righe e callosità, sono segni che si riferiscono al passato del soggetto e come tali indicano squilibri vecchi, instauratisi da tempo. I gonfiori sono un segno che si colloca a metà tra passato e presente-futuro: come tali, possono indicare uno squilibrio che si sta instaurando nel momento attuale o che si instaurerà in un futuro prossimo. Gli altri elementi (colore, dolore alla pressione, temperatura, risposta alla pressione, umidità o secchezza, odore) indicano sempre squilibri riferibili al presente o al futuro prossimo.


1 commento:

  1. Molti di voi penseranno che io sia monotona...sempre con questa riflessologia!!! La verità è che io sono innamorata di questa tecnica. La trovo fantastica. Una seduta di riflessologia è una danza...una danza tra l'operatore ed il cliente. Energia in movimento. NOn c'è soddisfazione più grande per me, e per le persone che si occupano di benessere in generale, di vedere il proprio cliente alzarsi contento dal lettino, contento e stupito. Ogni riflessologo ha il suo modo di lavorare. In base alle esigenze del cliente, al momento, all'operatore...insomma, non ci sono protocolli rigidi (li ho visti solo per un autore). Leggete, informatevi ma, soprattutto, PROVATE!

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