Avevo capito che rinunciare a se stessi, non amarsi è come sbagliare a chiudere il primo bottone della camicia. Tutti gli altri poi sono sbagliati di conseguenza. Amarsi è l'unica certezza per riuscire ad amare davvero gli altri.
Fabio Volo dal libro "È una vita che ti aspetto"




sabato 6 febbraio 2010

Facciamo conoscenza con i nostri piedi

Il piede, come ogni nostra parte, si conforma sul modello di ciò che incarniamo nella totalità di noi stessi.
Siamo noi gli artefici ed i continui creatori del nostro personale stare nel mondo e questo si legge sul viso, nella postura, in quel che diciamo, nelle relazioni interpersonali ed in ciascuna sezione del corpo. Il piede è il fondamento su cui erigiamo la cattedrale dell’essere individuale che riveste l’anima di ognuno. E’ il punto di contatto con la madre Terra, senza il quale ci manca la forza di protenderci verso il padre celeste. E’ il polo non appariscente di umiltà contrapposto alla faccia che continuamente mostriamo al mondo con intenzione. Possiamo atteggiare, esercitare, modificare viso espressioni e parole in modo da trasmettere messaggi artificiosi così ben congegnati da convincere persino noi stessi. Ma per fortuna, più discendiamo allontanandoci dal dominio della mente, più rientriamo in zone a cui è ignota la possibilità di “mentire”. Ecco perché si possono stabilire connessioni fra l’aspetto concreto, strutturale del piede e l’attitudine energetica della persona. Attraverso la manipolazione e con l’uso di particolari tecniche proprie della riflessologia plantare è così possibile ottenere una descrizione dei meccanismi interiori e del quadro comportamentale che sta a monte dei processi osservati.Un approccio ampio e globale al piede apre una strada per avvicinarsi al nucleo dell’individuo e portare alla consapevolezza punti nevralgici non solo di tipo fisico, ma anche emotivo e psichico.Ma per arrivare ad essere bravi interpreti e buoni tutori è necessario conoscere a fondo, ascoltare con affetto e accudire amorevolmente l’oggetto delle nostre attenzioni.Ecco perché, se mi volete seguire in questo viaggio che va da un piede all’altro, ma non è affatto corto, dobbiamo partire da lontano.L’uomo primitivo si muoveva scalzo su terreni accidentati e così facendo praticava inconsapevolmente forse il più antico metodo di autocura: ovvero stimolava di continuo i riflessi degli organi anche più lontani, favoriva il buon funzionamento del sistema circolatorio e si manteneva in un proficuo scambio energetico con la terra. La pianta del piede infatti è attraversata da una complessa rete di vene e capillari, dal nome suggestivo: “soletta di Lejart”. Potremmo quasi considerarla nella sua funzione come un cuore ausiliario, poichè poggiandovi il nostro peso comprimiamo questa ricca trama di vasi e spingiamo il sangue verso l’alto. In tal modo, anche zone sfavorite per la distanza dal cuore e la forza di gravità risultano ben irrorate.Gli studiosi di massaggio asseriscono che da 5000 anni fa e per secoli il piede è stato usato in Cina e in India come strumento di comprensione e cura dei più svariati disturbi fisici. La diffusione di tale pratica è dimostrata da un dipinto murale (che forse risale a 4300 anni fa) ritrovato nella tomba di un medico a Saqqarah, in Egitto: vi si vedono due figure di terapeuti dalla pelle scura che massaggiano mani e piedi ad altre due persone. Presso alcune tribù pellerossa del nord America il massaggio del piede è tuttora in uso; potrebbero averlo appreso dagli antichi abitatori dell’America centrale e meridionale, come Maya e Aztechi.Non mancano le valenze di tipo sacro: nella visione indiana il piede è l’origine ed esprime tutto il corpo e il suo divenire. Nel piede di Buddha è racchiusa l’ evoluzione che dai pesci sul tallone porta allo sviluppo della scintilla divina presente in ogni uomo, passando attraverso figure animali e simboliche, con al centro la ruota solare. Noi invece, persone assai civilizzate, ci occupiamo dei piedi solo per lamentarcene se fanno male o per costringerli nelle calzature “sado-maso” richieste dalla moda del momento. Li abbiamo con decenza ribattezzati “estremità inferiori” sottolineando che dove regna la testa siamo ben lontani da estremismi ed estremità. Così, come ai remoti confini del vasto impero romano, arrivano solo le briciole delle nostre immense ricchezze, perché Roma, “caput mundi”, risiede nel cervello. Risultato: calli, durezze e piedi freddi.Ecco quindi il compito per la prossima volta: pediluvio serale con rosmarino o salvia o timo, asciugare e toccare. Senza voler per ora cambiare nulla, iniziamo a mandare laggiù un osservatore neutrale, ma almeno un po’ curioso.

Alessandra Atti

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