Avevo capito che rinunciare a se stessi, non amarsi è come sbagliare a chiudere il primo bottone della camicia. Tutti gli altri poi sono sbagliati di conseguenza. Amarsi è l'unica certezza per riuscire ad amare davvero gli altri.
Fabio Volo dal libro "È una vita che ti aspetto"




sabato 6 febbraio 2010

Responsabilità

Immaginiamo due piedi uno vicino all’altro e immaginiamo l’intero corpo in essi riflesso, cominciando dalla cima dell’alluce per finire su una linea artificiosa situata una decina di centimetri sopra il malleolo.
La punta dell’alluce rappresenta il punto più alto della testa, mentre i lati del tendine di Achille riflettono le gambe. Quando stiamo in piedi, la nostra postura e varie funzioni dell’apparato muscolare dipendono direttamente dal modo in cui li usiamo, da come distribuiamo il peso. E’ così che essi rappresentano un’espressione del nostro modo di collocarci e spostarci nel mondo, sul piano fisico e su quello energetico.Il corpo umano è perciò interamente rappresentato nei piedi e un punto di essi che è in relazione con una zona corporea si dice “punto riflesso”.Già da questo termine possiamo intuire che i caratteri della connessione punto-organo sono in un rapporto più ampio e complesso di quanto potevamo immaginare. Non semplici estremità opposte di un filo ideale che scorre in una data sezione somatica, ma reciproco specchio. Ecco che cominciamo ad intravedere l’importanza di decifrare il codice del linguaggio di carne, ossa, tendini. Se un piccolo angolo del mio piede “specchia” la mia cistifellea, allora ogni particolare dell’immagine ha valore, perché tutto sommato è assai più agevole maneggiare, ammorbidire, rivitalizzare quello che non la cistifellea stessa.Il vero problema non risiede tanto nella localizzazione dei vari punti, quanto nella loro decodifica. Esistono mappe accurate che descrivono la posizione di tutte le zone del corpo proiettate sul piede: basta usarle con flessibilità, come un riferimento più che come una carta topografica, tenendo sempre conto della variabilità individuale, per cui un punto può essere leggermente spostato (in genere non più di un centimetro) nel piede di carne di mia mamma rispetto alla figura di carta del libro. Ma, per l’appunto, una volta individuata una posizione possiamo, tramite l’osservazione ed il contatto, avere una descrizione di una parte del corpo raccontata dal corpo stesso.Molte volte mi sento dire : “Ah, quel callo me l’ha fatto venire una scarpa…Sì, lì c’è una durezza ma è perché cammino scalzo… l’unghia del pollice si è sollevata per colpa di un fungo che ho preso l’anno scorso in piscina…”Tutto ciò è vero ma non è vero.Una scarpa nuova, anche se giusta per il mio piede e ben fatta, può comunque causare qualche difficoltà di adattamento sotto forma di piccole ribellioni arrossate da qualche parte. Portandola però ci si aggiusta l’uno sull’altra e nell’arco di un mesetto ogni manifestazione dovrebbe sparire: se rimane non è più colpa della scarpa.E’ che un agente esterno (la scarpa, appunto) sta mettendo in evidenza una fragilità che era già presente sul piede allo stato latente, specchio di un distretto sofferente nel corpo. Questo vale in generale, poiché ogni nostro malessere è il risultato della rottura di un equilibrio che, essendo arrivato a uno stato precario per motivi di conduzione interna, viene smosso da una concomitante causa esterna. Esempio: mi sto trascinando addosso da tempo una scelta difficile che mi stanca e mi spezza in due - rigidità muscolare - "colpo della strega" per una minuscola torsione.Ecco, anche riguardo al piede è inutile accusare del suo stato il mondo di fuori, cosa che fra l’altro ci priva di ogni potere di rigenerazione su noi stessi: meglio dare un’occhiata al mondo di dentro. Per questa volta compito scritto. Tema: Osserva e descrivi i tuoi piedi. Mi raccomando, ragazzi, attenti ai particolari e mi farebbe anche piacere qualche nota di commento, alcune impressioni sugli aspetti non fisici (sono forti, volitivi, accomodanti, timidi…)

Alessandra Atti

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