Avevo capito che rinunciare a se stessi, non amarsi è come sbagliare a chiudere il primo bottone della camicia. Tutti gli altri poi sono sbagliati di conseguenza. Amarsi è l'unica certezza per riuscire ad amare davvero gli altri.
Fabio Volo dal libro "È una vita che ti aspetto"




sabato 6 febbraio 2010

Fra capo e collo

Fra le moderne epidemie che ci affliggono senza ucciderci, ma semplicemente sembrano messe sul nostro cammino per ostacolarci quel tanto da offuscare la gioia di vivere, troneggia la famigerata “cervicale”.
Tanto che ci siamo abituati a chiamarla solo così, come fosse un diminutivo fra vecchi amici, senza nemmeno tentare di descriverla. Succede allora che nelle parole e nella mente si cementa la sovrapposizione, per cui avere “una vertebra cervicale” o “l’artrite cervicale” diventano un unico pacchetto regalo. E ciò conferma il danno perché, come ho ribadito tempo fa, il pensiero crea e il suo strumento è la parola.Quindi diciamo: le vertebre cervicali le hanno tutti, per fortuna, l’artrite cervicale l’hanno in molti, per diversi motivi. Ma poiché vi sto tediando da mesi sul significato energetico dei sintomi e sull’importanza della loro decodifica, oggi partirò dalla solida materia di cui son fatti muscoli ed ossa.Le zone della colonna vertebrale sono identificabili lungo le arcate longitudinali di entrambi i piedi, in particolare il rachide cervicale è riflesso lungo la falange basale dell’alluce sul lato mediale, cioè lungo la linea mediana del corpo e non verso le altre dita. Seguiamo tutto il percorso in direzione del calcagno: la zona dorsale si specchia lungo il primo metatarso, quella lombare continua sul margine del primo cuneiforme fino circa a metà dello scafoide, da cui iniziano i riflessi di sacro e coccige. Mentre li scrivo, riconosco che le ossicina del piede hanno nomi simpatici e fantasiosi, che però non chiamiamo mai, quindi per identificare le parti citate vi allego una mappa tratta dal libro di Hanne Marquardt, la massaggiatrice che contribuì a diffondere in Europa la “terapia zonale”. (fig. pag.48)Già possiamo dire che per via riflessa conviene trattare un’eccessiva tensione muscolare, perché ciò si traduce in una buona distensione anche dei tendini e delle fasce vertebrali, specie nel distretto cervicale, operando sulle zone sensibili delle corrispondenti parti del piede. Consideriamo in particolare la tendenza all’alluce valgo, cioè alla flessione laterale del pollice con flessione mediale del primo metatarso: in forma più o meno accentuata ci riporta alla famosa “nocetta” sporgente, dolente protagonista di tanti racconti di mamme e zie. La zona di transizione alluce-metatarso riflette il tratto inferiore della regione cervicale e l’inizio di quella dorsale: ne consegue che l’alterazione statica del piede danneggia la riflessa zona cervicale e viceversa, la fatica del collo si imprime a specchio nel corrispondente distretto del piede. Anche senza chiarirne l’origine, esiste comunque un effetto di scambio piede-collo; l’osservazione ha permesso di stabilire l’associazione fra tendenza all’alluce valgo e sindrome cervicale più o meno intensa, con contrattura della zona spalla-collo. Possiamo alleviare questa situazione massaggiando i riflessi relativi, cioè le zone del collo e del cingolo scapolare (vedi mappa) fino alle spalle: eliminando le tensioni fra le ossa dei metatarsi si ha un ottimo risultato nella distensione del tratto fra la base del collo e l’impianto delle scapole.Ho preso in esame questa zona non solo perché è fonte di un malessere assai diffuso, ma anche perché ben si presta come modello della profonda connessione corpo-anima, materia-energia, disagio-tentativo di correzione consapevole. Proviamo di tradurre il sintomo: ho male al collo - quanto peso devo portare! - il pollice (= la testa) devia dal centro di me stesso, la fatica lo spinge verso l’esterno - sono tutto rivolto “fuori”, ai doveri e agli impegni a cui sto “chinando la testa” e mi distolgo da me medesimo. Si capisce allora perché la nocetta e il dolore cervicale affliggono soprattutto le donne col passare degli anni: rappresentano la deviazione dai propri interessi personali in nome di qualcun altro, il sovraccarico di pesi altrui, allontanandosi o rinunciando al proprio “allineamento” interiore. Non sto guardando a tutto ciò per fare di noi donne delle povere vittime; anche se esistono ancestrali pressioni socio-culturali a spingerci sul collo, è responsabilità di ognuno l’accettare di deviare da se stesso in nome di… Però val la pena di pensarci un po’ su.In ogni caso, ancora una volta il sintomo parla per il nostro bene: “Non c’è peso se ciò che ti sobbarchi lo fai con amore. Se porti troppo e con fatica, vuol dire che non ti rispecchia del tutto. Raddrizzati e vivrai meglio”.
Alessandra Atti
www.buonpernoi.it

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